S.
Marcellino Champagnat
Nel mese di settembre 1828, in una vettura pubblica in
viaggio da Saint-Étienne a Saint-Chamond, due preti siedono accanto a tre
giovani vestiti di un abito religioso. Uno dei due ecclesiastici chiede al suo
confratello chi siano questi religiosi di cui lo colpisce la modestia: «Sono,
risponde l'altro prete, dei Fratelli che insegnano ai bambini piccoli delle
campagne – Qual è il loro nome? – Si chiamano i Piccoli Fratelli di Maria – Chi
ha fondato questa comunità? – Non se ne sa più di tanto. Alcuni giovani si sono
riuniti, si sono tracciata una regola conforme al loro obiettivo, un vicario ha
loro prodigato le sue cure, Dio ha benedetto la loro comunità e l'ha fatta
prosperare al di là di tutte le previsioni umane». Il prete che parla così
umilmente, nascondendo il proprio nome e il proprio ruolo, è il loro fondatore,
padre Marcellin Champagnat.
Nono
figlio di una famiglia che ne conterà dieci, Marcellino è nato il 20 maggio
1789 a Le Rosey, piccola fazione del comune di Marlhes nel dipartimento della
Loira. Marlhes è un villaggio di coltivatori lontano da ogni via di
comunicazione importante. La fede vi si è mantenuta intatta, coltivata dallo
zelo di preti ferventi. Tuttavia, arrivano fino a Marlhes delle informazioni
sulla Rivoluzione e le idee nuove non vi sono prive d'influenza. Jean-Baptiste
Champagnat, il padre di Marcellino, dotato di una certa istruzione, viene
promosso colonnello della Guardia Nazionale del cantone. Questo incarico lo
porta a officiare per il culto decadario, che sostituisce la Messa domenicale,
nella chiesa di Marlhes trasformata in tempio della dea Ragione. Egli ospita
tuttavia presso di sé sua sorella, Religiosa, e lascia che sua moglie e i suoi
bambini partecipino alle Messe dei preti refrattari nascosti nei dintorni. Sua
moglie, anche se più riservata di lui, non manca di personalità.
Un modo di procedere malaugurato
Sotto
la guida di sua madre e di sua zia, Marcellino apprende le verità della fede,
ma la sua prima esperienza scolastica non ha seguito. Fin dal primo giorno di
lezione, infatti, viene chiamato alla lavagna dal maestro; un altro bambino,
più rapido, lo anticipa ma riceve un paio di schiaffi. Marcellino ne è talmente
terrorizzato che rifiuta di ritornare a scuola il giorno dopo, nonostante le
insistenze dei suoi genitori. Spesso, in seguito, ritornerà su questo episodio
che gli sembrava l'esempio da non seguire. Nell'educazione dei bambini,
inizierà con il vietarsi l'uso di ogni violenza. L'autorità, così come la
concepisce, non richiede sistemi di questo genere.
Marcellino
è contento di seguire ovunque suo padre: al forno, al mulino, nei campi, nei
pascoli. Si mostra assiduo nei lavori e sviluppa un'attitudine speciale per il
commercio: gli sono stati affidati due agnellini di cui si prende cura e che
rivende qualche mese dopo. Con suo fratello, Jean-Pierre, progetta di mettere
in piedi un'attività di commercio redditizia.
Nel
corso dell'estate 1803, si presentano presso la famiglia Champagnat due preti.
Percorrono la diocesi, su richiesta dell'arcivescovo di Lione, Mons. Fesch, zio
di Napoleone, per incoraggiare le vocazioni sacerdotali. Il parroco di Marlhes
ha loro suggerito di rendere visita a questa famiglia in cui ci sono tre
ragazzi di buona reputazione. Un po' sorpreso da questa visita, il signor
Champagnat risponde: «I miei figli non hanno mai manifestato il desiderio di
farsi preti. Ma eccoli, sono qui vicino; potete vedere voi stessi». I suoi
fratelli rispondono che non è loro intenzione, ma Marcellino manifesta il suo
desiderio, fino ad allora inconfessato, del sacerdozio. Per avviarlo agli
studi, viene inviato da suo cognato, maestro in un borgo delle vicinanze. Vi si
trova in buone condizioni per ricuperare il suo ritardo; ma ha il dolore di
perdere improvvisamente suo padre. Alla fine dell'anno scolastico, il cognato
dichiara alla signora Champagnat: «Vostro figlio s'intesta a voler fare degli
studi, ma avreste torto a lasciarlo fare. Ha troppo pochi talenti per riuscire,
troppi handicap per farcela». Marcellino è consapevole dei propri limiti, ma
sua madre lo sostiene; vanno tutti e due a La Louvesc, a una giornata di
cammino da Marlhes, dove si trova la tomba di san Francesco Regis, l'apostolo
della regione nel XVI secolo. Al ritorno, il giovane dichiara: «Preparate la
mia roba, voglio entrare in seminario. Riuscirò, poiché Dio lo vuole». Parte
quindi per il seminario minore di Verrières, nell'autunno del 1805. Là,
s'impegna del suo meglio nello studio. Ha sedici anni passati; i suoi compagni
di classe, molto più giovani di lui, non gli risparmiano le beffe. Gli inizi
sono molto difficili e i maestri poco incoraggianti. Inoltre, la condotta di
Marcellino lascia talvolta a desiderare; per il suo onomastico, sotto
l'influenza di qualche compagno, va a prendere un bicchiere in un'osteria. Alla
fine del primo anno, Marcellino viene giudicato non in grado di proseguire.
Rimane tuttavia persuaso della chiamata di Dio e fa un nuovo pellegrinaggio a
La Louvesc; poi supplica il Superiore del seminario de lasciarlo provare un
altro anno. Grazie a un sacerdote e a un compagno che lo sostengono, questa
nuova prova viene coronata da successo. Nel 1810, Marcellino perde sua madre.
Prosegue tuttavia i suoi studi per otto anni al seminario minore prima di
entrare, il 1° novembre 1813, nel seminario maggiore di Sant'Ireneo di Lione. I
tre anni che vi trascorre si svolgono in un'atmosfera di pace, di devozione e
di studio, nonostante gli avvenimenti politici legati alla caduta di Napoleone.
Avviene una trasformazione nel seminarista nella direzione di una maggiore
fedeltà ai suoi doveri. Durante le vacanze, fa il catechismo ai bambini del suo
paese.
« Incaricatevi dei Fratelli ! »
Nel
corso del loro ultimo anno di seminario, Marcellino e alcuni compagni, colpiti
dallo stato di scristianizzazione del paese, pensano di costituire la «Società
dei Madri maristi», i cui membri saranno missionari votati al rinnovamento
della fede nei cristiani, sotto la protezione della Vergine Santissima. Questa
Società vedrà la luce e si organizzerà, poco per volta, dal 1817 al 1836, data
della sua approvazione da parte della Santa Sede. Marcellino, che ha molto
sofferto durante la sua infanzia della mancanza di istruzione, insiste perché
si prenda anche a carico l'educazione scolastica dei bambini. Vorrebbe formare
dei Fratelli educatori. La sua insistenza induce gli altri a dirgli: «Ebbene,
incaricatevi voi dei Fratelli, poiché ne avete avuta voi l'idea!» Egli vede in
questo un invito di Dio.
Il
22 luglio 1816, Marcellino riceve l'ordinazione sacerdotale con cinquantun
confratelli. L'indomani, dodici di essi salgono al santuario mariano di
Fourvière per consacrare il loro ministero e la loro vita alla Santa Vergine, e
impegnarsi a fondare la Congregazione dei Padre maristi. Il 13 agosto seguente,
padre Champagnat arriva nel villaggio di La Valla, sulle pendici del Monte
Pilat, dove viene nominato viceparroco. La regione è povera: i terreni
montagnosi lasciano poco spazio alle coltivazioni. La pratica religiosa è
debole a causa di un ambiente abitativo disperso e degli effetti della
Rivoluzione. Il parroco di cui Marcellino sarà viceparroco per otto anni, è un
uomo anziano dalla parola esitante, che predica il meno possibile e non fa
catechismo. Marcellino, che ha allora ventisette anni, si mette all'opera. La
sua sollecitudine si rivolge specialmente ai bambini. Li riunisce tutte le
domeniche e, d'inverno, tutte le mattine. Le sue istruzioni sono semplici,
chiare, arricchite da paragoni tratti dall'ambiente in cui vivono i suoi ascoltatori,
da elementi attinti alla Sacra Scrittura e alla vita dei santi. Nelle sue
prediche della domenica, Marcellino ricorda le grandi verità della fede. Mostra
talvolta un certo rigore che la sua grande bontà fa accettare. Poiché ama il
suo gregge, può permettersi di redarguire i suoi parrocchiani quando li vede
perdersi nell'alcolismo o nei balli di paese, pericolosi per le anime. Non
sopporta le gelosie e i litigi tra vicini e parenti.
Egli
stesso studia ogni giorno la teologia. Presto, con l'autorizzazione del suo
parroco, celebra la domenica pomeriggio un Ufficio al quale aggiunge alcune
riflessioni pratiche tali da toccare i suoi ascoltatori. Questi ultimi
partecipano sempre più numerosi a questa riunione. La sua parola semplice e
dolce fa loro dire: «Si vede bene che è di Le Rosey (la sua frazione natale);
le sue parole sono dolci come rose!» In qualsiasi stagione, anche nella bufera
e nella tormenta di neve, Marcellino s'impone delle ore di cammino per andare a
trovare i malati, amministrare il sacramento della Penitenza o assistere i
morenti. Poco per volta, si compie una vera e propria trasformazione nei
cristiani di La Valla e dei dintorni.
Il
28 ottobre 1816, il padre è chiamato in una frazione lontana al capezzale di un
bambino malato, Jean-Baptiste Montagne. Constata con dolorosa sorpresa che il
ragazzo ignora tutto della religione, non sapendo nemmeno se vi sia un Dio. Per
due ore, lo istruisce sui rudimenti della fede poi lo confessa. Quando ritorna
dopo aver fatto visita a un altro malato, il bambino non è più di questo mondo.
Pieno di riconoscenza nei confronti della divina Provvidenza che lo ha condotto
presso il morene, è nondimeno sconvolto dall'aver constatato una così profonda
ignoranza in una parrocchia considerata cristiana. Ormai, il pensiero di
fondare, senza indugio, una società di Fratelli che possano dare ai bambini
l'istruzione cristiana non lo abbandona più.
«Emergenza educativa»
Ancora
oggi, l'educazione cristiana dei bambini rimane un compito primordiale. Il Papa
Benedetto XVI ce lo ricorda: «Si parla di una grande «emergenza educativa»,
della crescente difficoltà che s'incontra nel trasmettere alle nuove
generazioni i valori-base dell'esistenza e di un retto comportamento,
difficoltà che coinvolge sia la scuola sia la famiglia« Possiamo aggiungere che
si tratta di un'emergenza inevitabile: in una società e in una cultura che
troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo – il relativismo è
diventato una sorta di dogma –, in una simile società viene a mancare la luce
della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, lo si considera
«autoritario», e si finisce per dubitare della bontà della vita« Questa è
quindi una priorità essenziale del nostro lavoro pastorale: avvicinare a Cristo
e al Padre la nuova generazione, che vive in un mondo per gran parte lontano da
Dio. Cari fratelli e sorelle, dobbiamo sempre essere consapevoli che una simile
opera non può essere realizzata con le nostre forze, ma soltanto con la potenza
dello Spirito. Sono necessarie la luce e la grazia che vengono da Dio e
agiscono nell'intimo dei cuori e delle coscienze. Per l'educazione e formazione
cristiana, dunque, è decisiva anzitutto la preghiera e la nostra amicizia
personale con Gesù: solo chi conosce e ama Gesù Cristo può introdurre i fratelli
in un rapporto vitale con Lui« Nell'educazione alla fede un compito molto
importante è affidato alla scuola cattolica. Essa infatti adempie alla propria
missione basandosi su un progetto educativo che pone al centro il Vangelo e lo
tiene come decisivo punto di riferimento per la formazione della persona e per
tutta la proposta culturale. In convinta sinergia con le famiglie e con la
comunità ecclesiale, la scuola cattolica cerca dunque di promuovere quell'unità
tra la fede, la cultura e la vita che è obiettivo fondamentale dell'educazione
cristiana» (Discorso dell'11 giugno 2007).
Al
ritorno dalla sua visita al giovane Montagne, Marcellino riceve due giovani che
costituiranno le fondamenta della sua nuova Congregazione. Gli inizi dell'opera
sono molto umili. Il 2 gennaio 1817, padre Champagnat insedia i suoi due novizi
in una casetta vicino alla canonica. La povertà è estrema. Il loro tempo è
distribuito tra la preghiera, lo studio e il lavoro manuale. Per vivere, si
fabbricano chiodi, come fanno tutte le famiglie dei dintorni. Presto, quattro
postulanti si uniscono ai due primi novizi. Uno di essi, Gabriel Rivat, è un
bambino di dieci anni, allevato nella devozione religiosa. Da due anni, segue
assiduamente i catechismi di padre Champagnat e, dopo la sua prima comunione,
si è sentito chiamato a unirsi al gruppo dei Fratelli riuniti a La Valla. Il 6
maggio 1818, sua madre, che l'ha consacrato a Maria nella sua infanzia, lo
conduce presso il viceparroco. Gabriel, che prende il nome di fratel Francesco,
diventerà il successore del Fondatore a capo dei Fratelli maristi.
« È la vostra opera ! »
La
cura dei suoi Fratelli non impedisce a padre Champagnat di svolgere i suoi
incarichi parrocchiali. Tuttavia, il parroco trova che il suo viceparroco
esagera nel fare. Marcellino chiede allora e ottiene il permesso di installarsi
nella casa dei Fratelli, per la cui formazione si fa aiutare da un maestro. Ma
quattro anni dopo il suo arrivo a La Valla, constatando che non troverà sul
posto altre vocazioni di Fratelli, fa una novena alla Santa Vergine: « È la
vostra opera, le dice, non la mia. Inviatemi dei Fratelli». La sua preghiera
viene ascoltata e si presentano dei giovani venuti da più lontano. Ma i locali
risultano presto troppo esigui: diventa urgente costruire. Tutta la comunità si
mette all'opera sotto la direzione di Marcellino che si fa muratore o
falegname.
Nel
frattempo, Padre Champagnat ha iniziato la fondazione di scuole, di cui una a
Marlhes, la sua parrocchia natale. Tuttavia, nelle canoniche della regione, girano
osservazioni aspre sul viceparroco di La Valla: «La sua congregazione, si
insinua, è una chimera generata dall'orgoglio e dalla temerarietà. Come può
pensare, lui, che non ha né risorse né talenti, di creare una comunità?» Lungi
dal sostenere la sua opera, certi parroci ne distolgono le vocazioni. «Si aveva
torto a diffidare di noi, dirà uno dei discepoli di Marcellino, di sospettare
dei motivi che ci conducevano a Champagnat. Se questi motivi fossero stati
umani, non saremmo rimasti un solo giorno. Chi avrebbe potuto trattenerci in
una casa dove avevamo per dormitorio solo un fienile, per letto solo un po' di
paglia o delle foglie secche, per nutrimento del pane nero che cadeva in
briciole tanto era mal cotto, qualche verdura e dell'acqua per bevanda?...
Quello che poteva piacerci in una posizione così contraria alla natura« fu la
devozione professata per Maria. Tutti noi fummo così toccati dalle belle cose
che ci diceva il nostro padre Champagnat della Santa Vergine, che nulla al
mondo avrebbe potuto distoglierci dalla nostra vocazione».
Nello smarrimento
Le
dicerie contro l'opera del viceparroco di La Valla arrivano fino
all'arcivescovado di Lione. Uno dei vicari generali, che governa di fatto la
diocesi, rivolge dei rimproveri al padre Champagnat; un altro vicario generale
lo approva. Poco per volta, si sviluppa un clima di diffidenza nei confronti
dei Fratelli insegnanti. La comunità vive nell'attesa di una catastrofe. Nello
smarrimento, essa si rivolge alla Vergine Maria. Ma, il 22 dicembre 1823, viene
nominato amministratore apostolico della diocesi di Lione Mons. de Pins, che si
mostra favorevole a padre Champagnat.
Per
aiutarlo nel suo compito, Marcellino fa appello al padre Courveille, suo ex
compagno di seminario, che dirige la Società dei Padri maristi. Nello stesso
periodo, viene sollevato dal suo incarico di viceparroco di La Valla. I due
preti decidono di acquistare un grande terreno vicino a Saint-Chamond e di
costruirvi un vasto edificio per centocinquanta Fratelli. Il progetto è
inaudito e, nei dintorni, molti non lo comprendono. Si scatena una nuova
campagna di denigrazione. Nonostante tutto, il cantiere progredisce
rapidamente. Si chiamerà la casa Notre-Dame de l'Hermitage.
Tuttavia,
il padre Courveille si attribuisce la missione di dirigere i Fratelli che però
considerano Marcellino come loro Padre. Egli si ostina e mette ai voti la
scelta del Superiore. Viene eletto Marcellino all'unanimità. Il padre
Courveille non desiste; approfitta delle assenze del fondatore, che va a
visitare le scuole, per tormentare i fratelli. Alla fine del dicembre 1825,
quando Marcellino ritorna da un viaggio, lo subissa di rimproveri. Esausto per
la stanchezza e oppresso da numerose preoccupazioni, in particolare riguardo
alle finanze della sua opera, Padre Champagnat crolla e deve mettersi a letto.
Una settimana dopo, è alle soglie della morte. A questa notizia, i creditori si
presentano in massa. Fortunatamente, il parroco di Saint-Chamond paga una parte
dei debiti; ma lo sgomento è totale nella casa. La Congregazione sembra persa
quando, contro ogni aspettativa, la salute del fondatore inizia a migliorare.
Tuttavia, Padre Champagnat non ricupererà mai tutte le sue forze. Padre
Courveille cerca sempre di essere riconosciuto come Superiore dei Fratelli.
Tuttavia, nel maggio 1826, una sua grave mancanza lo costringe a ritirarsi alla
Trappa di Aiguebelle. Preoccupato di stabilizzare la vocazione dei Fratelli, il
fondatore fa loro pronunciare dei voti religiosi in occasione del ritiro della
comunità del 1826.
Saper stare tranquilli
Dieci
anni dopo la sua fondazione, l'Istituto conta più di ottanta Fratelli
distribuiti in sedici istituti. Padre Champagnat si preoccupa del suo
riconoscimento ufficiale da parte dei poteri pubblici, specialmente al fine di
ottenere per i suoi Fratelli la dispensa dal servizio militare che durava
allora sette anni. Di fronte all'insuccesso dei suoi sforzi, scrive: «Presto o
tardi, otterremo questa autorizzazione« Quello che più ci importa è fare da
parte nostra quello che Dio vuole che facciamo; voglio dire il nostro
possibile; dopo questo, dobbiamo solo stare tranquilli, lasciar agire la sua
Provvidenza. Dio sa meglio di noi quello che ci fa bene, quello che ci giova.
Sono ben certo che un po' di ritardo non ci farà male». In realtà, il riconoscimento
arriverà solo dopo la morte del fondatore.
Spesso,
Marcellino invita i suoi Fratelli a donarsi totalmente a Dio e agli altri. Egli
stesso predica con l'esempio. Quando gli si rimprovera di strafare, risponde:
«Nessuno è indispensabile, ma Gesù ci dice: Finché c'è luce, bisogna
camminare (Gv 12,35)». S'impegna a suscitare nei Fratelli una solida
devozione alla Santa Vergine. «Altri religiosi, dice, si santificano, gli uni
con la povertà, gli altri con l'obbedienza, altri ancora con uno zelo ardente
per la salvezza delle anime. Voglio che nessuno sorpassi i Fratelli nell'amore
per Maria, nella devozione nei confronti di Maria». Non solo Maria è la patrona
dei Fratelli che portano fieramente il suo nome, ma è anche la loro Madre, il
loro modello, la loro prima Superiora, e, secondo l'espressione del Fondatore,
la loro «risorsa ordinaria». Ci si rivolge a lei in ogni occasione, si ricorre
a lei in tutti i pericoli, le si attribuisce la gloria di tutti i successi. « È
lei, proclama il Padre, che ha fatto tutto a casa nostra!» Il 12 maggio 2007,
il Papa Benedetto XVI diceva, nello stesso senso: «Non c'è frutto della grazia
nella storia della salvezza che non abbia come strumento necessario la
mediazione di Nostra Signora».
Verso
la fine dell'anno 1839, le forze di Marcellino diminuiscono notevolmente. Padre
Colin, Superiore della Società dei Padri maristi, gli suggerisce di darsi un
successore a capo dei Fratelli. Nel mese di ottobre, una votazione ha come
risultato l'elezione del Fratello François Rivat. Il Fondatore non resta
tuttavia inoperoso, ma presto dei mali di stomaco gli impediscono di
alimentarsi e lo costringono a riguardarsi. All'inizio del mese di maggio, apre
gli esercizi del mese di Maria; di ritorno nella sua camera, dichiara: « È
finita per me, sento che me ne vado». L'11 maggio, riceve l'Estrema Unzione,
alla presenza di tutta la comunità. «Miei amici, dice ai suoi Fratelli,
l'importante è amarci gli uni gli altri. Ricordatevi che siete fratelli, che
Maria è vostra Madre, che siete tutti chiamati alla stessa eredità che è il
Cielo». La fine del mese di maggio diventa molto penosa per il Padre. Il 6
giugno, verso le due e trenta del mattino, Marcellino fa osservare al Fratello
che lo veglia che la sua lampada si spegne. Il Fratello lo disillude: la
lampada non ha perso la sua luminosità. «Capisco, è la mia vista che se ne va,
risponde il morente. È giunta la mia ora. Che Dio ne sia benedetto!» Poco dopo,
entra in agonia. La comunità, riunita all'aurora, canta presso di lui la Salve
Regina e il Fondatore termina dolcemente il suo soggiorno sulla terra.
Giovanni
Paolo II dirà, nell'omelia della canonizzazione di Marcellino Champagnat, il 18
aprile 1999: «Grazie alla sua fede incrollabile, è rimasto fedele a Cristo,
anche nelle difficoltà, in mezzo a un mondo talvolta privo del senso di Dio.
Siamo chiamati, anche noi, ad attingere la nostra forza nella
contemplazione del Cristo risorto, mettendoci alla scuola della Vergine Maria
».
Dom Antoine Marie osb
http://www.clairval.com/lettres/it/2008/11/25/7261108.htm